Ti ho annusato

Mi sono svegliato per il troppo caldo, alle 6 del mattino. Un capatina in bagno, poi ho aperto un paio di finestre per fare entrare l’aria fresca del mattino, e me ne sono tornato a letto, per poltrire per quei pochi minuti che ancora mi restavano prima della sveglia.
Da un lato Silvia, che sonnecchiava ancora, e al centro del lettone (dopo averlo spostato dal mio posto) Matteo, finalmente dormiente dopo un paio d’ore di lamentele, di rotolamenti, di calci sulla schiena e di manate in faccia.

E ti ho guardato caro Matteo. Ti ho guardato, con la testa affossata fra i due cuscini, con le braccia aperte verso l’alto, come dormono i bambini. Ti ho guardato molto da vicino, quasi da sfiorarti, per cogliere ogni piccolo particolare di questo gioiellino che mamma e papà hanno dato alla luce.
Quel piccolo nasino, le guanciotte paffutelle, i riccioli sopra le orecchie, la bocca semiaperta. Ti ho guardato mentre improvvisamente accennavi un sorriso nel sonno, seguito dal movimento delle labbra come se avessi in bocca il ciuccio, e poi la bocca a cuoricino.

Ti ho ascoltato. Ho voluto sentire il tuo respiro, veloce da poco più che neonato: ho voluto sentirti vivere.

E poi ti ho annusato.

Ti ho annusato le mani, che sanno perennemente di biscotto. Ti ho annusato i capelli, che anche se un po’ sudati profumavano ancora di shampoo della sera. Ti ho annusato il collo, che sapeva di letto e di cuscino. Profumavi meravigliosamente di bambino, il mio bambino.

E stamattina io non ho voluto perdermene nemmeno un po’.

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